Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino
ventiduesima edizione, 2011
L’antropologo italiano Marco Aime, che da oltre un quindicennio lavora in questa realtà, ha guidato un’incursione sperimentale di un gruppo di studiosi europei di paesaggio all’incontro con la forma e la vita del luogo, con la comunità che ne è la responsabile e con il suo patrimonio di idee e di cose. L’ipotesi è contribuire con un diverso punto di vista a un dialogo scientifico e a una comune riflessione sull’irriducibilità delle differenze rispetto a un mundus alter. Sono in questione il senso del tempo e dello spazio, il concetto di natura e le figure del mito e del sacro, la custodia della memoria, la trasmissione delle conoscenze, delle arti e dei mestieri, il governo dei beni comuni e le cure della casa. Il gruppo di lavoro ha cercato di raccogliere segni e intercettare significati, attraverso l’inevitabile e consapevole filtro degli attrezzi conoscitivi e percettivi del nostro mondo, con l’impegno di dar conto degli interrogativi che un microcosmo altro continua a porre alla nostra cultura e alla nostra mentalità. La documentazione audiovisiva eseguita e i preziosi appunti e rilevamenti raccolti dal gruppo di lavoro in situ, resi possibili dalla generosa e schietta collaborazione della comunità insediata e delle autorità civili e scolastiche locali, sono venuti ad arricchire le riflessioni compiute in varie occasioni precedenti intorno al tema del “villaggio” come microcosmo necessario, come misura imprescindibile di spazio e di tempo, come figura universale capace di assumere infinite variazioni, di istituire un rapporto sorprendente tra arcaismo e ipermodernità, di convocare domande fondative sul rapporto tra persona e luogo, tra luogo e comunità. Le pertinenti ricerche bibliografiche, cartografiche e audiovisive, condotte prima e dopo il viaggio di studio, hanno mostrato la vastità e la profondità degli studi in questo campo, ma insieme il loro carattere ancora marcatamente settoriale. È così emersa l’utilità del dialogo e l’incoraggiamento a partecipare alle indagini con gli occhiali di discipline diverse, dalla geografia al paesaggio, dall’architettura al disegno artistico e artigianale.
Sulla base delle risultanze, la Giuria ha deciso all’unanimità di mettere al centro dell’attenzione un tema che appare fin troppo lontano e che invece costituisce un attualissimo e cruciale terreno esposto alle varie trappole nelle quali la cultura europea-occidentale è caduta nell’ultimo secolo. Non dovrebbe essere difficile, nel 2011, evitare l’infatuazione artistica e il messianismo salvifico che percorse il mondo dell’arte europea, e non solo, un secolo or è. Così come ci immaginiamo immuni dalle propensioni missionarie che, ancora alla fine degli anni venti del XX secolo, chiedevano se: «l’educazione e la trasformazione di una razza inferiore da parte di un popolo civilizzato» dovessero «essere compiute per mezzo dell’assimilazione o dell’adattamento».