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la Fondazione per

Deir Abu Maqar

Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino
sedicesima edizione, 2005


Motivazione della giuria
La giuria del Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino ha deciso di dedicare l’edizione 2005 a Deir Abu Maqar, il monastero egiziano di San Macario, che fa parte, con Deir el Baramus, Deir Amba Bishoi e Deir es Suriani, di un insieme di insediamenti monastici cristiani copti fondati nella seconda metà del IV secolo nel Wadi en-Natrun, una depressione ricca di salnitro, sulla strada del deserto tra Alessandria e il Cairo, a ponente del delta del Nilo. La vicenda ininterrotta del monachesimo cristiano copto, nell’arco di diciassette secoli, assume rilevanza particolare anche dal punto di vista della forma e della vita dei luoghi nei quali si è venuta costituendo e svolgendo.
La loro fondazione non è che una tappa avanzata del movimento che trae origine nei primi secoli cristiani nello strato più inquieto e critico del ceto contadino, assume con radicalità il messaggio cristiano, rifiuta l’ordine esistente e ne progetta un altro nella ricerca di un ascetismo fuori dal contesto sociale e dallo spazio fisico del villaggio, dapprima nei dintorni, poi sempre più lontano, nel deserto. Il deserto perde così il senso di un vuoto incommensurabile, per assumere, nella iniziale esperienza anacoretica di Antonio e, sempre più, negli embrioni cenobitici di Pacomio, nel regolato eppur libero rapporto tra solitudine e comunità previsto da Macario, il valore di uno spazio vitale, irriducibilmente altro dalla città, diversamente pieno, alternativo, salvifico, perfino ierofanico.
I padri del deserto sono dunque anche gli inventori di una idea di paesaggio. La giuria sottolinea come sia persistente la forza di questa invenzione, come conquista della pienezza e della bellezza del deserto, nel quale può crescere un patrimonio di valori: l’equilibrio tra solitudine silenziosa e laboriosa, nei libri o nei campi, e dialogo collettivo e corale, nel canto e nella mensa quotidiana; la riduzione di sé all’essenziale; la necessaria conoscenza della natura e l’internità alle sue leggi, anche severe, anche estreme; infine, e con particolare profondità, l’immersione nelle misure dello spazio e nel senso del tempo.
La lunga esperienza monastica copta mostra, nella varietà drammatica di eventi e di condizioni storiche, una sostanziale continuità nell’organizzazione spaziale dell’insediamento, in una oscillazione visibile tra i tempi di pace e di sviluppo e i tempi di offesa e di degrado. Nei primi, l’insediamento tende a spargersi nel deserto con celle e microcosmi abitativi (manshopi), verso una dimensione anacoretica che allarga i margini della libertà di autogoverno del monaco in solitudine, libertà concordata col padre spirituale e vissuta come premio e privilegio. Nei secondi, l’insediamento è chiamato ad arroccarsi dentro le mura di un nucleo fortificato che comunica con l’esterno solo attraverso una piccola porta, o addirittura dentro il torrione (qasr) che vorrebbe essere inespugnabile. L’oscillazione ha periodo molto variabile nel tempo. Ma in nessuna di queste condizioni, nemmeno nelle più estreme ristrettezze di mesi vissuti in una piccola fortezza, viene affievolita la ricerca di equilibrio tra solitudine e coralità.
Deir Abu Maqar offre a quanti si occupano di salvaguardia e di valorizzazione di paesaggi, di scienze e di arti per disegnarli e governarli, e più in generale a quanti lavorano, a vario titolo di responsabilità, sul rapporto tra la condizione dei luoghi e la qualità della vita delle persone e delle comunità che li abitano, un ulteriore terreno di riflessione come luogo interamente ripensato e ridisegnato in età contemporanea per accogliere una nuova vita in continuità con la regola monastica, così da farla rinascere nelle attuali mutate condizioni storiche, sociali, economiche e politiche.
Nell’arco di due decenni, a partire dal 1969, viene infatti aperto un cantiere che trasforma ogni aspetto del monastero, con impressionante energia di invenzioni e di realizzazioni.

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cerimonia di premiazione

sabato 14 maggio 2005

Treviso, sede della Fondazione

 

Domenico Luciani ha introdotto e dato conto della motivazione della giuria; sono intervenuti Guido Dotti, vicepriore della comunità di Bose, e padre Samir Khalil Samir, fondatore del Centro di ricerche arabo-cristiane di Beirut; Monique Mosser, membro della giuria del Premio.

pubblicazione

Deir Abu Maqar, dossier 2005

 
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Deir Abu Maqar, premio Carlo Scarpa 2005


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