Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino
diciassettesima edizione, 2006
La Val Bavona mette dunque in questione il rapporto, impervio anch'esso, tra conservazione e innovazione dei patrimoni di natura e di memoria. Al di là dello stupefacente catalogo di beni naturali, storici, etnoantropologici che il luogo conserva in sé, le ragioni che rendono la Val Bavona un caso degno di speciale attenzione, e che hanno determinato la decisione della giuria, vanno infatti cercate nel più prezioso dei suoi patrimoni, che consiste nella presenza di una comunità dotata di un livello raro di consapevolezza, perfino orgogliosa degli elementi di peculiarità e di diversità, i quali non vengono vissuti come antiche miserie di cui vergognarsi ma, al contrario, vengono percepiti e descritti come eredità da trasmettere, come valori, quasi come privilegi. Di qui nasce l'autorevolezza degli organismi che ne sono responsabili, i Comuni e i patriziati di Cavergno e Bignasco, la Fondazione Valle Bavona, il Cantone, la Confederazione. Di qui la partecipazione allo sforzo di definire strumenti regolatori, norme d'uso del suolo e dell'ambiente, manuali di buone pratiche per gli interventi sui manufatti e sulle opere dell'arte e del lavoro. Di qui l'attenzione alle proposte e alle sperimentazioni che puntano a ricostruire brani di nuova economia e di nuova antropologia della montagna; e dunque l'alpeggio, il governo del bosco, le nuove arti, i nuovi mestieri, la manutenzione severa, la centralità insomma di una presenza umana stabile e vigile. Possiamo qui conoscere una comunità che prende in carico le testimonianze di una civiltà materiale di cui è provvisorio responsabile, il cui valore non viene da emergenze monumentali o committenze famose, ma dall'ingegno e dal lavoro delle generazioni precedenti, dalla tensione irriducibile a non abbandonare la montagna e a dare così senso alla vita e alla morte, dal carattere radicale del confronto con una natura terribile e meravigliosa fino a mostrare il sacro. Possiamo qui ascoltare una comunità che continua a cantare la bellezza di uno stile di vita sobria, fino all'assenza di energia elettrica nelle abitazioni, come utopia concreta, come modo semplice e quotidiano di continuare, conservare, innovare l'accanita ricerca di spazio vitale che ha connotato la propria storia, riuscendo a rendere utili perfino i grandi massi franati, con la terra portata sopra di essi per farne frammenti di orto e di prato, o con l'uso funzionale degli anfratti nei grondàn, cantìn, e negli splüi. Vi è insomma in questo luogo, a custodia attiva dei suoi caratteri, una condizione singolare resa possibile dai legami profondi, dalla conoscenza critica della propria storia, da una lunga e viva tradizione di intelligenze e di talenti, tra i quali spiccano le figure di Federico Balli (1854-1889), imprenditore e saggista, e di Plinio Martini (1923-1979), maestro elementare, poeta, scrittore di alta qualità e di forte tensione civile. Questa tradizione non si è spenta, ed è oggi visibilmente operante. Agli eredi di questa tradizione, ai custodi di oggi, la giuria consegna il sigillo di Carlo Scarpa, riconoscimento per quanto hanno fatto e fanno, caloroso incoraggiamento a continuare. Affinché questa valle mostri come la forza della storia di lunga durata di un luogo, quando sia davvero criticamente conosciuta e amata da chi vi è insediato e ne è responsabile, possa costituire il timone meno incerto nella tempesta delle trasformazioni travolgenti del nostro tempo. E affinché ci aiuti a immaginare come un altro mondo sia forse possibile.