Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino
XXV edizione, 2014
La strada del ritorno è stata presa all’inizio degli anni Duemila e si svolge in un quadro di faticosa elaborazione e sperimentazione di piccoli passi, mentre ancora tutto, le persone, le case, le felci che invadono i prati; tutto continua a mostrare il peso di un trauma e di una lunga assenza.
Il lavoro per documentare e storicizzare il quadriennio 1992-1995, e in particolare le atrocità del luglio 1995, è lontano dalla conclusione. Ancora nel luglio del 2013 sono stati sepolti i resti di altre 409 persone, portando a 6.066 il numero complessivo dei sepolti nel Memoriale di Potočari. A Tuzla, nel centro di identificazione delle vittime, sono ricoverati attualmente 1.500 resti umani non ancora identificati; e la stima ufficiale è che ne verranno raccolti almeno altri 500. Il lavoro per ritrovare, ricomporre e dare pace alle vittime è complicato dal fatto che, dopo l’interramento nelle fosse comuni, i loro corpi sono stati smembrati e sparsi in altre fosse comuni, cosiddette “secondarie”, in tutta la Bosnia nord-orientale, con lo scopo di occultare le prove.
Dalla fine della guerra è passato un settennio di profugato, di diaspora, di esilio, prima che nel 2002 si registrassero i primi rientri. È un fenomeno che si verifica in tutto il Podrinje, un territorio articolato amministrativamente in diversi Comuni, tra i quali Bratunac e Srebrenica, e dove sono insediate decine di Comunità locali, 19 delle quali si trovano nel Comune di Srebrenica, compresa Brežani, di cui fa parte il villaggio di Osmače.
I piccoli passi del ritorno, e la loro tensione a trasformarsi presto in energia sufficiente a restare, trovano nel loro itinerario vicinanze e solidarietà nate negli anni e nei fatti indicibili, e poi mai spente. E tutta questa vicenda bosniaca trae forza dalla riflessione di Alexander Langer (Vipiteno/Sterzing 1946-Firenze 1995), una figura che ha attraversato gli anni della guerra lasciando un sedimento maieutico imprescindibile. In particolare con il suo Tentativo di decalogo per la convivenza inter-etnica ha posto nel 1994 le basi teoriche e pratiche per trovare la strada del ritorno, definendo «i gruppi misti inter-etnici, per piccoli che possano essere, le piante pioniere della cultura della convivenza».
Ma sono le energie endogene latenti che, riemergendo lentamente e faticosamente, riescono via via a convocare e ad attrarre nuove iniziative e progetti. Irfanka Pašagić, psichiatra, Premio Internazionale Alexander Langer 2005, promotrice e direttrice a Tuzla dell’associazione Tuzlanska Amica, era attiva fin dal 1992 nella cura e assistenza di donne e bambini dei territori sottoposti a “pulizia etnica”, tra i quali Srebrenica.
Nel 2005, con la vicinanza fattiva della Fondazione Langer e di Tuzlanska Amica, alcuni giovani di diversa etnia-nazionalità e di diverse tradizioni religiose, bambini nel 1995, costruiscono insieme il gruppo informale Adopt Srebrenica, per ragionare sul loro futuro e sulle prospettive della loro città.
Negli anni successivi una decina di famiglie si sono prima affacciate al dialogo e poi, come vere e proprie specie pioniere, hanno compiuto il passo decisivo del ritorno nei villaggi dell’altopiano, per rimettere mano alla terra dei padri e delle madri, riamarla, curarla. È in un contesto così delineato che, nel 2010, si avvia a Osmače l’esperimento agricolo della semina del grano saraceno, una delle molteplici iniziative attivate in diverse aree del Podrinje per mezzo di scambi di conoscenze e di pratiche che coinvolgono operatori e tecnici di varie realtà internazionali, nei diversi settori dell’economia agro-silvo-pastorale, in particolare nelle colture dei cereali, dei frutti, dei piccoli frutti e dell’allevamento ovino e bovino.
Nel 2011, Adopt Srebrenica, con la collaborazione dell’Archivio Storico di Bolzano, progetta un centro di documentazione sulle storie individuali e collettive della comunità. È un altro passo verso la riconciliazione delle memorie diverse, nella convinzione che ogni possibile proposta per il futuro non possa che nascere dalla conoscenza e dalla protezione del patrimonio storico comune.