Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino
dodicesima edizione, 2001
Intere parti sono rifatte in età moderna e contemporanea. Il ponte, in particolare, fatto saltare dall’esercito tedesco nel 1945, è, salvo i piloni, interamente ricostruito “com’era e dov’era”. Il cortile delle armi (corte d’onore) diventa giardino nel Novecento e cambia più volte disegno. Pure, nonostante (forse proprio grazie) a queste vicissitudini, questo collage avventuroso messo insieme da una storia di lunga durata, esprime con forza unitaria e leggibile il proprio patrimonio di memoria. Questo luogo si mostra al nostro tempo e alla nostra sensibilità con le fattezze di una speciale capacità di metabolizzare cambiamenti e di pretenderne altri, nuovi, novissimi. Castelvecchio possiede una percettibile vitalità, dimostrazione che la qualità di un luogo, la sua stessa identità, sono innanzitutto date dall’inesauribile tensione verso nuovi equilibri tra conservazione e innovazione; e che questi equilibri possono essere cercati solo all’interno di un suo governo coordinato e autorevole.
Ormai da mezzo secolo Castelvecchio esprime il suo carattere riconoscibile nella forma e nella vita di un museo, museo non museificato, museo come centro gravitazionale per la conoscenza della storia di sé, della storia della città, della storia delle arti della città e del territorio pertinente.
Castelvecchio è, dunque, la dimostrazione del valore che può assumere il dialogo tra una committenza pubblica illuminata e una capacità mirabile di misurare forme, distanze e dimensioni di oggetti e di giardini, e di dominare col disegno il rapporto inventivo tra oggetti e spazi aperti. In questo senso assume particolare luce il capitolo novecentesco costituito dal dialogo tra Licisco Magagnato e Carlo Scarpa; e Castelvecchio diviene così anche il luogo che la giuria sceglie per mostrare quanto sia significativo e pregnante il fatto che il premio porti il nome di questo felice inventore di giardini. Né va sottovalutato, sempre all’interno di questo capitolo novecentesco, il ruolo giocato da una Soprintendenza aperta a iniziative non usuali di restauro e di ritrovamento. Il riconoscimento diviene così auspicio, convinzione, che gli attuali responsabili sapranno proseguire in questa direzione coraggiosa. Si tratta di porre con lungimiranza la questione dell’unificazione gestionale di Castelvecchio come grande museo moderno, favorendo soluzioni adeguate per il trasferimento di funzioni prestigiose ma incongrue. Si tratta di assumere l’ambito situale che comprende il castello, il ponte scaligero, il viale e i giardini che portano all’arsenale austriaco, futuro museo della scienza e della storia naturale, come un insieme paesaggistico e urbano coerente. Si tratta di ripensare la qualità potenziale degli spazi esterni contigui, in particolare affrontando progettualmente il punto di divaricazione tra Adige e Adigetto, e la questione irrisolta della collocazione e dell’orientamento dell’Arco dei Gavi, e dell’assetto del suo immediato contesto. Questa tensione a proseguire su di una linea di governo delle modificazioni, appare nelle varie altre ipotesi di intervento puntuale, a partire dalla estensione del sistema dei percorsi verticali nelle torri e dei camminamenti sui rimparti delle mura, attualmente all’avvio esecutivo. In questa direzione anche il previsto nostro contributo di trenta milioni di lire italiane potrebbe essere utilizzato per una di queste operazioni di indagine o di proposta pertinente a uno degli spazi aperti. La giuria esprime infine la speranza che la dodicesima edizione del Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino possa costituire testimonianza utile per tutti i cittadini, messaggio eloquente sulla complessità, sulla difficoltà, sulla necessità di un lavoro permanente e coraggioso dei responsabili e degli operatori per la valorizzazione dei luoghi nei quali si addensano i patrimoni di natura e di memoria.
Nel corso dell’incontro Domenico Luciani e Monique Mosser hanno illustrato, con diapositive, le motivazioni della giuria. Carmen Añón e Lionello Puppi hanno consegnato il sigillo di Carlo Scarpa e il contributo finanziario di trenta milioni di lire italiane per nuove ricerche al più diretto responsabile, il direttore del Museo, Paola Marini, che ha portato una testimonianza sul governo di Castelvecchio e sugli sviluppi museali futuri.