Il fatto nuovo non è che il consumo di territori, lo squilibrio di ambienti, il degrado di paesaggi incidano negativamente sulle condizioni di vita e di lavoro degli abitanti di vaste aree del Nord Est italiano. Il fatto nuovo è che questi fenomeni vengano percepiti come tali in ambiti sociali relativamente allargati.
E che, seppure ancora vissuta soprattutto come insofferenza per l’aumento patologico e pericoloso del traffico, per le strozzature della viabilità, per l’eccessiva proliferazione di nuove zone industriali, la questione dell’uso (della dissipazione) dello spazio fisico sia arrivata all’ordine del giorno, con un dibattito sulla stampa locale che ha i toni di una critica embrionale al “modello di sviluppo”.
Le forme assunte dalla diffusione dell’insediamento (residenziale, e ancor più industriale) e i modi assunti dalla mobilità nell’area veneta centro-orientale sono arrivate al limite oltre il quale sono a rischio quei caratteri originari, quelle stratificazioni storiche, quei patrimoni dell’identità (urbana, paesaggistica, antropologica) che hanno reso possibile il decollo e accompagnato il travolgente sviluppo degli anni sessanta e settanta del XX secolo. Il bivio tra forzatura del limite o avvio di un altro processo (inizio di una riforma) appare ineludibile.
Il Nord Est è da sempre caratterizzato da un accentuato policentrismo insediativo, le cui forme successive, fino alla metà del XX secolo, si erano appoggiate ognuna alle precedenti, senza rotture. Dagli sparsi insediamenti venetici all’armatura infrastrutturale romana del II secolo a.C., dalla diffusione dei castellieri medievali alle case di villa in età veneziana (oltre 3.700 nelle sette province del Veneto) e via via fino alla metà del XX secolo, i sistemi di vita, lavoro e mobilità si erano installati sugli strati preesistenti confermando e arricchendo di nuove testimonianze e di nuovi sedimenti il connotato cruciale di un’articolazione insediativa che trovava nel paesaggio agrario il principio ordinatore.
Tra città e città, tra villaggio e villaggio il tessuto connettivo era costituito dall’agricoltura e, a partire dal tardo medioevo, da attività che possiamo definire paleoindustriali e mercantili, collegate a una diffusa civiltà dell’acqua (governo dei conflitti, uso dell’energia idraulica, possesso di tecniche, arti e mestieri, costruzione di macchine e di artifici).