Prima e dopo lo “strappo”. Immaginare nuovi paesaggi nel sud est Goitzsche

di Domenico Luciani


Siamo orgogliosi di partecipare, grazie al coinvolgimento nel Kuratorium dell’Expo 2000 Sachsen-Anhalt, allo sforzo di immaginazione e di azione per dare forma e vita nuova ai luoghi dell’industria mineraria della Goitzsche.
È un lavoro che poggia su fondamenta robuste. Fondamenta storiche, in una regione che può contare su un patrimonio di memoria di particolare spessore.
Noi non consideriamo la convocazione della storia come una semplice premessa che è corretto o necessario fare per consuetudine. Tutto ciò che ci sta di fronte è il risultato di una lunga stratificazione (di cose, di idee) indispensabile per orientare il nostro cammino.
L’implosione di enormi foreste in giacimenti di lignite; la lunga presenza geomorfologica e idrogeologica del ghiacciaio, della quale i grandi massi granitici sparsi dappertutto sono testimonianza; l’assenza di colonizzazione romana e di centuriazioni perpendicolari; la vicenda dell’insediamento umano medievale nella forma villaggio, forma peculiare che struttura la trigonometria e lo skyline del territorio; la svolta cruciale del luteranesimo e il particolare valore che con essa assume il rapporto con la natura nella fatica quotidiana e nella sobrietà dello stile di vita; il capitolo sorprendente e magnificente di governo del paesaggio e di arte a scala territoriale costituito dal Dessau Wörlitzer Gartenreich del principe Franz; la concentrazione di saperi, di arti e di mestieri che ha reso possibile la formazione di uno dei vertici dell’innovazione scientifica, tecnica e artistica nella esperienza della Bauhaus di Dessau, ma contemporaneamente ha determinato pesanti consumi di natura e inquinamenti d’acqua e d’aria nella zona industriale di Bitterfeld e Wolfen. Tutto ciò ci pare indispensabile per decidere che fare, oggi e per il futuro. Altrettanto indispensabile ci appare la considerazione dei problemi sociali attuali nei quali l’esperienza si svolge, così come li ha descritti, con grande coraggio, Klaus Schucht, Minister für Wirtschaft, Technologie und Europaangelegenheiten des Landes Sachsen-Anhalt, ai giornalisti europei in un incontro a Lione nel giugno 1998 (Sachsen-Anhalt auf Neuen Wegen, Magdeburg 1998, pp. 13-15):

«Sachsen-Anhalt, dunque, come punta di diamante negli investimenti e, contemporaneamente, della disoccupazione; il dilemma non potrebbe essere più stridente, la sfida, per teoria e pratica dell’economia politica, non potrebbe essere più intensa. E penso: ciò che stiamo vivendo nella Germania dell’est è ancora estremamente in nuce ad ovest. Dobbiamo però darci da fare assieme per risolvere questo dilemma, perché prima o poi ci riguarderà tutti, a est come ad ovest.
Prima di cercare di dare una risposta a questa domanda, una rapida analisi: nella ex RDT, nel 1989, il 45 per cento circa dei lavoratori nell’industria di trasformazione era occupato. Nello stesso periodo, nella Germania occidentale la percentuale di occupati era del 33 per cento circa. Oggi, nel 1998, in Sachsen-Anhalt sono ancora il 18 per cento quelli che percepiscono un salario nell’industria di trasformazione, esattamente lo stesso valore, tra l’altro, registrato dagli Stati Uniti d’America. Nei vecchi länder tedeschi, la percentuale di occupati nell’industria di trasformazione si aggira oggi attorno al 32 per cento. Le previsioni per il futuro indicano per gli USA un valore del 10 per cento nell’anno 2010. Prima o poi anche da noi si verificherà questo tipo di sviluppo. Come vedete, la Germania dell’est nel suo complesso, e in particolare il Sachsen-Anhalt, ha già oggi assunto un ruolo di battistrada. Ci piaccia o meno, non riusciremo a fermare lo sviluppo in questa direzione. Capacità di affrontare il futuro significa, perciò, anche cercare soluzioni per poter conservare comunque nell’ambito del lavoro, e preferibilmente riportare nell’ambito del lavoro, tutte quelle persone che in questo settore non trovano più lavoro. Ciò che stiamo vivendo è un rivolgimento simile a quello che all’inizio del secolo ha portato dalla società agraria a quella industriale».

Emerge l’idea che la qualità dei nuovi paesaggi può assumere un ruolo portante dell’occupazione futura. All’economia fondata sulla miniera si sostituirà un’economia fondata sulla bellezza dei luoghi.
A noi il paesaggio della Goitzsche appare come un enorme “strappo”, rispetto al quale c’è un prima e un dopo e nel quale il dopo nasce dal prima.
La trama territoriale, ambientale e paesaggistica esistente prima si può vedere solo nelle carte del secolo XVIII e dell’inizio del secolo XIX. Così, agevolmente, si possono ricostruire gli andamenti dei fiumi (Mulde, Leine, Lober, …), le posizioni dei paleoalvei, dei prati umidi, dei boschi, dei villaggi che non ci sono più (Niemegk, Döbern, Seelhausen, Bärenhof, Paupitzsch), i tracciati delle strade e dei sentieri, e gli spostamenti successivi delle linee ferroviarie.
Tutta questa tessitura appartiene ormai, irrimediabilmente, a un passato non ricostruibile. Non si può nemmeno immaginare una specie di anastilosi, di percorso all’indietro verso un “com’era, dov’era”.
Si può, invece, assumere la memoria di questo prima come traccia, indizio, filo rosso per risolvere il limes tra territorio rimasto fuori dal buco e territorio strappato dentro il buco.
Il tema è che fare nel limes. Innanzi tutto bisogna accettare una articolazione, una varietà suggerita dal fuori. Si può, e si deve, lavorare con la fantasia non tanto alla dislocazione di oggetti artistici più o meno talentuosi, ma alla invenzione di fili e nodi di una rete alla scala del paesaggio, così come ci propone la trigonometria dei villaggi o la trama di segni del Gartenreich.
Possiamo immaginare “nuovi Drehberg”. Drehberg è un piccolo rilievo orientatore e ordinatore del paesaggio agrario, posto tra i villaggi di Vockerode e di Wörlitz, realizzato dal principe Franz. Avrebbe dovuto essere il mausoleo della famiglia principesca. È dotato di densa memoria accumulata in due secoli, usato in varie occasioni, come punto di incontro dalla gioventù nazista e della gioventù comunista. La Fondazione Bauhaus lo ha riportato in questi anni all’attenzione delle comunità locali. Al Drehberg rinvia la nostra ipotesi di usare brani di paesaggio ancora ritrovabili e allineamenti percettibili come elementi che contribuiscono a ridare forma agli spazi di riva dei nuovi paesaggi lacustri.
Occorre immaginare un abaco di topoi diversi tra loro.
Alcuni riguardano i corsi d’acqua, canali, fiumi, e potrebbero presentarsi come figure dell’acqua e della natura. Dove il fiume è interrotto, lo si può far proseguire dentro con il linguaggio della natura. Ad esempio: la valletta della Leine è ancora bella, almeno da Reibitz fino a Sausedlitz, e la foce del fiume nel buco va trattata proseguendo dentro col linguaggio della natura, senza aggiungere insediamenti o attrezzature tecniche di nessun genere (nemmeno leggero o ludico). Si tratta di far parlare il linguaggio dell’acqua e del mondo vegetale legato all’acqua, con progetti che puntino sull’ambiguità acqua-terra, che è il contrario della separazione netta tra acqua e terra.
Un’ipotesi di metodo così schematicamente delineata potrebbe essere applicata anche all’area di fronte a Pouch per definire il rapporto tra il villaggio e la nuova penisola (paleoalvei della Mulde).
Alcuni altri riguardano le strade e potrebbero presentarsi come imbarcaderi, “poste”, stazioni.
Dove le strade sono interrotte, si possono immaginare relais intermodali di dimensioni da studiare (imbarcaderi, “poste”, stazioni) per cambiare mezzo di mobilità (auto/bici/cavallo/barca/piedi), per trovare comfort (servizi igienici e di ristoro, telefono), per riunire un gruppo di visitatori o una scolaresca (terrazza coperta, belvedere). La storia delle “poste” è legata alla storia dei “campanili”, delle “torri”, dei “capitelli”, e ha sempre una trigonometria dei pochi chilometri (circa tre), che significa un’ora a piedi, mezz’ora a cavallo e in barca, un quarto d’ora in bicicletta. L’altezza dei manufatti (interventi artistici) deve essere visibile dall’uno all’altro. Il sistema dei fili dovrebbe coinvolgere i villaggi esistenti, così da farli diventare basi di appoggio logistico anche per i visitatori, con soggiorno nel villaggio e mobilità nel paesaggio senza bisogno di nuovi insediamenti ai bordi del lago.
Alcuni altri sono i villaggi distrutti dalle macchine gigantesche.
Dove c’erano i villaggi che non ci sono più, occorre ripensare a qualcosa che li rievochi analogicamente. Sia Niemegk, che Döbern, che Seelhausen, sono ai limiti del buco. Si possono immaginare piattaforme galleggianti di adeguata dimensione (piazzette nell’acqua), alle quali si può arrivare con ponti leggeri che proseguono le strade strappate.
Appena al di qua e appena al di là del ponte potrebbero essere costruiti, su pali, manufatti che abbiano funzione utile (idraulica, ludica, museale) per tutta la Goitzsche.

Infine ci pare utile (e su questo ci siamo impegnati) uno sforzo immaginativo e operativo speciale nel punto di passaggio tra il Tagebau Rösa e il Tagebau Döbern, tra il futuro lago di Seelhausen e il futuro lago di Bitterfeld (entrambi già in parte adacquati): questo luogo racchiude questioni tecnologiche, idrauliche e funzionali che possono dare forma a una importante chance paesaggistica.
Si tratta di garantire la continuità degli argini del canale Lober Leine (mobilità a cavallo, a piedi, in bicicletta) dal paesaggio fluviale della Mulde ai nuovi paesaggi lacustri; la navigazione interna tra i due laghi con una indispensabile chiusa che risolva il dislivello di 3 metri, da + 78 metri s.l.m. del lago di Seelhausen a + 75 metri s.l.m. del lago di Bitterfeld.
Tutte le questioni poste possono trovare sintesi in un gesto forte e necessario, una resecazione degli argini del canale Lober Leine (da rafforzare con terreno di riporto), con un muro la cui forma netta entri in dialettica con le forme morbide del fiume e dei laghi, un muro costruito con un materiale “storico” quale il klinker.

L’auspicio è che gli abitanti, gli enti locali, le istituzioni coinvolte possano discutere le varie proposte, così, come auspica il “Contratto di riva”.


Riportiamo qui la versione originale del testo pubblicato in tedesco con il titolo Vor und nach dem Riss. Für die Gestaltung neuer Landschaften im Südostraum der Goitzsche in Aufbruch zu neuen Ufern. Die Goitzsche 62 Quadratkilometer Bergbaufolgelandschaft bei Bitterfeld. Das weltweit größte Landschaftskunstprojekt, pp. 145-153, e in inglese in Heading for New Shores. The Goitzsche 62 Square Kilometers in a Former Mining Landscape near Bitterfeld. The World’s Largest Landscape Art Project, pp. 42-43, entrambi a cura di Heinrich Schierz-Kreissparkasse Bitterfeld, Verlag Janos Stekovics, Halle an der Saale 2001.

Fondazione Benetton Studi Ricerche
/ en.fbsr.it stampa del 22 novembre 2024