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Insediamento e mobilitā nel Nord Est: appunti su una nebulosa senza centro

di Domenico Luciani


Il processo di dispersione insediativa che si manifesta nella seconda metà del Novecento trova dunque spiegazione nella storia e può essere descritto come “densificazione” di una rete idraulica, infrastrutturale e logistica preesistente, diffusa capillarmente, in grado di costituire la trama per un “decollo endogeno” locale e la piattaforma per un’“accumulazione flessibile”.

Nel quadrilatero che ha le basi sulla linea alta pedecollinare (da Schio a Pordenone), e sulla linea bassa appena sopra le lagune e le bonifiche (da Este a San Donà), alla fine degli anni Cinquanta del Novecento si è avviato un processo accelerato di cambiamento di tutti i parametri fondamentali (speranza di vita alla nascita, alimentazione, igiene, obbligo scolastico, tempo libero, redditi, consumi, abitazioni) e del modo di circolare e di viaggiare (mezzi, distanze) che ha assunto rapidamente il segno (tra gli altri segni) di una travolgente occupazione di suolo agricolo.

Nell’arco di due decenni (dati 1961-1982) hanno cambiato destinazione d’uso più aree agricole di quanto non fosse accaduto nella storia dei due millenni precedenti. Nella provincia di Padova, che ha una superficie totale di 2.142 chilometri quadrati, la superficie agricola è scesa da 1.878 chilometri quadrati (88 per cento della superficie totale) a 1.419 chilometri quadrati (66 per cento); nella provincia di Treviso (totale 2.477 chilometri quadrati) da 2.242 chilometri quadrati (90 per cento) a 1.480 chilometri quadrati (59 per cento); nella provincia di Vicenza (totale 2.722 chilometri quadrati) da 2.423 chilometri quadrati (89 per cento) a 1.331 chilometri quadrati (49 per cento); nell’arco di una generazione (poi il fenomeno prosegue seppure con un relativo rallentamento) in tre province venete sono stati sottratti al paesaggio agrario più di 2.300 chilometri quadrati (più di 230.000 ettari: un’intera provincia). Il fenomeno appare ancora più concentrato e impressionante se togliamo dal computo le aree non disponibili (montagna, bonifica, zone protette) e le aree già occupate (insediamenti preesistenti, corsi d’acqua, infrastrutture, cave). In quello stesso ventennio risulta costruita la metà dell’intero patrimonio immobiliare esistente oggi in quest’area; e ciò avviene in un quadro di aumento assai relativo del numero degli abitanti. Il policentrismo si fa dispersione. Dei 4,5 milioni di persone che vivono oggi nei 580 comuni del Veneto, più di 2,5 milioni vivono in 533 comuni con meno di 15.000 abitanti. Solo 14 comuni superano i 30.000 abitanti e, di questi, solo quattro superano i 100.000 abitanti. Non esiste un capoluogo regionale riconosciuto.

Il processo di dispersione insediativa è stato accompagnato dalla dilatazione di una mobilità individuale le cui dimensioni inusitate (e impreviste) non possono essere spiegate da una mera necessità di pendolarismo, ma da una serie di comportamenti, di domande, di affermazioni di diritti, di modificazioni di status. Nasce una vera e propria antropologia dell’automobile, che sarà più tardi completata dalla diffusione (ancor più improvvisa e impressionante) del telefono cellulare.


 

venerdì 7 giugno 2002

seminario in collaborazione

con la Fondazione Nord Est

 
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