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la Fondazione per

Alla scoperta della serietā del gioco

di Gherardo Ortalli


Gli impegni editoriali e la peculiarità di «Ludica»
Fra le tesi premiate con borsa di studio alcune sono in seguito uscite a stampa direttamente per intervento della Fondazione che peraltro rimane una struttura promotrice di proprie ricerche, sicché, naturalmente, il conferimento della borsa non impegna affatto alla pubblicazione. Tuttavia in qualche caso si è ritenuto opportuno sulla base di un preliminare lavoro di tesi, sostenere una ricerca svolta poi nel quadro degli impegni della Fondazione stessa, fino all’esito finale dell’edizione. Così è stato per gli studi di Federico Rausa su L’immagine del vincitore. L’atleta nella statuaria greca dall’età arcaica all’ellenismo, di Alessandra Rizzi su Ludus/ludere. Giocare in Italia alla fine del medio evo, di Andrea Nuti su Ludus e iocus. Percorsi di ludicità nella lingua latina, e, infine di Alessandro Arcangeli su Davide o Salomè? Il dibattito europeo sulla danza nella prima età moderna.
Altre ricerche sono state sostenute su temi di particolare rilievo, ma l’iniziativa che meglio rappresenta l’impegno e il ruolo della Fondazione nel settore degli studi sulla storia e la cultura del gioco è senz’altro il periodico che con il titolo di «Ludica» esce con cadenza annuale a partire dal 1995. L’unicità della rivista sta nel fatto di essere la sola che nello scenario internazionale affronta il sistema ludico nel suo complesso non limitandosi a sue espressioni specifiche. In genere l’attenzione viene rivolta a predefiniti eventi o fenomeni e così sono molte le riviste, anche prestigiose, che si occupano di storia di qualche settore specifico: con prospettive di largo respiro (per esempio, lo sport in generale), o in ambito più mirato (per esempio: le carte da gioco o gli scacchi o il turismo o i giochi con tavoliere e altro ancora). Fra tante iniziative del genere, nessuna oggi si muove nel presupposto di un articolato universo ludico che per essere davvero conosciuto richiede il tenere conto di molte interdipendenze e di complessi rapporti fra le sue variegate espressioni.
Per qualche anno «Ludica» non è stata sola in questo impegno e, nel quadro delle iniziative dell’Institut für Spielforschung und Spielpädagogik della Universität Mozarteum di Salisburgo si pubblicava «Homo Ludens. Der spielende Mensch», un qualificatissimo periodico esso pure a cadenza annuale che, sia pure con un’attenzione per certi aspetti più orientata verso i giochi di fortuna, presupponeva chiaramente l’unitarietà del sistema ludico. Dal 2000, tuttavia, «Homo Ludens» ha purtroppo cessato di uscire e ciò dimostra quanto sia complesso muoversi culturalmente ad alto livello in questo settore di studi.
L’essere oggi rimasti soli indica la complessità dell’impegno culturale a suo tempo assunto (o, se preferite, della scommessa allora fatta), ma ci sono poi i riscontri di segno positivo. Anche qui qualche cifra può servire e così ricorderemo come nei suoi primi undici numeri «Ludica» abbia avuto la collaborazione spontanea e in molti casi sistematica di ben 162 studiosi appartenenti a istituti di ricerca e universitari di ventuno diversi paesi: dalla Spagna all’Argentina, dall’Egitto agli USA, dal Belgio al Canada, a Israele o alla Romania, con contributi particolarmente numerosi (oltre che, com’è naturale, dall’Italia) da Francia, Germania, Gran Bretagna. La qualità della collaborazione internazionale è forse la testimonianza migliore di come il progetto che veniva messo a punto attorno al 1987 non fosse campato per aria e, per usare termini di gioco, si potrebbe aggiungere che la vecchia scommessa è finora risultata vincente.


 

Testo tratto dalla sezione Ludica
del «Bollettino della Fondazione Benetton Studi Ricerche», 4, 2007 (Rapporto di attività 1987-2007),
pp. 285-290.

 
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