I Giardini del Castello di Praga

Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino
tredicesima edizione, 2002


Motivazione della giuria
La giuria del Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino ha deciso all’unanimità di dedicare la tredicesima edizione ai Giardini del Castello di Praga. Si tratta di un insieme di spazi aperti, posti intorno al Hrad, il complesso monumentale che guarda dall’alto la città, ricavati nella sottile e irregolare striscia tra i bastioni, il muro e i palazzi nei quali ha avuto sede prima il potere regale imperiale, e poi, a partire dal 1918, la presidenza della repubblica.
Nel corso del tempo la funzione di questi spazi è cambiata molte volte, in rapporto alle alterne complicate vicende storiche del castello, dalla sua fondazione (seconda metà del secolo XI), attraverso molteplici distruzioni e vere e proprie ricostruzioni (in età romanica, tardogotica e teresiana); tra fasi nelle quali ha espresso autentica egemonia, in particolare durante i regni di Carlo IV (1346-1378) e di Rodolfo II (1576-1611) e fasi di crisi, come la lunga tragica eclisse della Guerra dei Trent’anni (1618-1648). In età absburgica, con interventi importanti, questi spazi avevano assunto il tono di un “parco all’inglese”, trascinato poi in un inevitabile degrado.
Il loro assetto attuale è nato dall’intesa tra il volere del presidente Tomás Garrigue Masaryk (1850-1937) e l’arte dell’architetto Joze Plecnik (1872-1957), nel quadro di un’imponente iniziativa di ripensamento e riqualificazione del castello tesa a trasformarlo in un simbolo della democrazia appena conquistata e dello slancio verso una “nuova Europa”. Nell’arco del quindicennio 1920-1935 questa intesa ha prodotto una radicale modificazione del castello, negli spazi e nei percorsi interni, nei cortili e nei giardini. Ma il disegno era assai più vasto, con l’elaborazione di un grande progetto che, partendo dal Giardino del Belvedere, immaginava nuovi parchi e viali nella parte settentrionale della città, fino a interessare l’intera forma urbis; pro-getto non realizzato, anche a causa di resistenze emerse nell’accademia e nell’opinione pubblica. In questo quindicennio, anche grazie alla sensibilità e all’impegno diretto di Alice Masaryková, la figlia del presidente, questa sottile striscia di spazi è stata trasformata in un luogo mirabile che ha preso la forma definitiva di una mediazione tra castello e città, tra auctoritas e civitas.
I lavori cominciano infatti con l’ampia scalinata del Giardino del Paradiso, alla quale si accede dalla piccola breccia aperta alla sommità del muro, punto di contatto disegnato e misurato tra il dentro e il fuori, tra la lunga strada gradinata che sale all’esterno e la sorprendente improvvisa dilatazione della discesa interna. Viene poi il prato geometrico con la vasca monolitica e, ancora dopo, il lungo e stretto terrapieno meridionale, sotto l’ala teresiana, fino alla punta che chiude il castello a oriente.
Vengono demolite intere parti del muro. Vengono inventati nuovi punti di vista sulla città, costruite nuove terrazze panoramiche, aperti nuovi percorsi verticali, tra i quali, stupefacente, quello che congiunge col Terzo cortile riproponendo a più riprese la visione sul profilo della città, che viene attratta, idealmente, attraverso la tettoia dei tori, fino alla cattedrale di San Vito. Le cupole, i campanili, i tetti di Praga entrano così nel giardino e, per questa via, nel cuore del castello. Viene poi affrontato lo spazio sull’area occidentale, definendo il Giardino del Bastione su due livelli e realizzando il collegamento con il Fossato dei Cervi e con il Ponte delle Polveri, fino alla piccola vigna a gradoni e al silente belvedere disegnato per i momenti quieti del presidente sotto il tiglio sulla collina al di là del fossato, ennesima invenzione ad alta densità emotiva, ottenuta, questa volta, con la sapienza di attrezzi paesaggistici minimali.

La giuria segnala questo luogo innanzitutto per l’evidenza con la quale mostra la tensione tra chiarezza delle idee del committente e forza delle invenzioni dell’artefice.

Vi è qui, ancora ascoltabile, un dialogo tra l’intellettuale umanista moravo e l’architetto sloveno, sulla moralità della politica e dell’arte, ispirato da una comune densità di riferimenti spirituali, dall’appartenenza a una comune sfera culturale, linguistica e geopolitica, da una comune visione della dignità e dell’altissima responsabilità del compito pubblico.

 

Vi è qui il risultato della non facile decisione di stabilire nel castello l’ufficio della presidenza, trasformando la sede del vecchio autoritarismo in una casa dell’autorevolezza democratica, con un linguaggio che trasforma i segni delle antiche e recenti subordinazioni in originali manifesti dell’indipendenza e rende così leggibile l’inedito carisma repubblicano.
La lungimiranza geopolitica e l’ampiezza della visione culturale fanno appello a un senso acuto della solida sobrietà e della lunga durata per ogni cosa da fare, per ogni misura da adoperare, per ogni proporzione da cercare; convocano insomma quei fondamenti dell’antico, quei parametri sempre indispensabili di utilitas, firmitas, venustas. Così, questi giardini voluti da Masaryk, disegnati e realizzati da Plecnik, con materiali e maestranze locali, arrivano a noi come una delle espressioni più alte dell’arte contemporanea europea.
Le idee e le opere racchiuse in questo luogo offrono la dimostrazione più evidente di come un linguaggio nettamente innovativo possa intervenire in una complessa stratificazione preesistente senza negarla, senza ferirla, e anzi rendendo più viva la testimonianza dell’antico, più comprensibile il valore della memoria.
La giuria del Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino, facendo proprie le istanze avanzate autorevolmente, a partire dagli anni ottanta del secolo XX, di revisione del ruolo di Plecnik nella vicenda dell’architettura moderna, intende proporre una riflessione anche sulla posizione di questa figura nella storia dell’arte dei giardini, con riferimento, in particolare ma non solo, ai suoi grandi e piccoli capi d’opera praghesi.
Il dialogo tra il presidente e l’architetto non si esaurisce nei giardini realizzati intorno al castello. Intorno a due altri luoghi fuori città Masaryk accende infatti l’attenzione.
Acquisisce allo stato il vasto parco privato di Pruhonice nei sobborghi meridionali di Praga; in questa singolare e talentuosa collezione botanica, oggi affidata all’Accademia delle Scienze, il presidente, pur non trovando le condizioni per farne la sua residenza di campagna, può rafforzare il suo profondo rapporto con la natura. A Lány, invece, dove morirà e sarà sepolto, il presidente riprende il dialogo con Plecnik con risultati di particolare qualità e leggibilità. Le quasi impercettibili ma decisive risagomature del parterre dominicale o del profilo delle pietre angolari del castello, il fondale del laghetto con le colonne (e i cinque leoni che rappresentano le etnie di cui si compone la repubblica) tra le quali si intravvede il largo paesaggio della campagna, le passerelle, i minuscoli ponti, tutto è ispirato dal gusto di una speciale eloquente semplicità, ottenuta con l’arte della riduzione dei segni.
Infine, la giuria intende attirare l’attenzione della comunità degli studiosi e degli operatori nel campo della progettazione e della conservazione dei paesaggi e dei giardini, di tutti i cittadini attenti alle sorti del patrimonio culturale, sullo sforzo dei responsabili dell’Amministrazione del Castello teso a conservare e a rinnovare i giardini presi in carico dopo che erano passati non indenni attraverso le peripezie del secolo XX e regimi vari ma comunque antagonisti delle idee e delle opere riconducibili all’eredità di Tomás Garrigue Masaryk.
Attualmente i Giardini del Castello, nei quali si muove un alto numero di visitatori e nei quali, per quanto contenuta, non può sfuggire la presenza di funzioni connesse col turismo di massa, colpiscono per la capacità di ispirare rispetto e di ottenere comportamenti, che, nell’insieme, appaiono di adeguata correttezza. Il governo di questo luogo, così denso di natura e di memoria, così aperto amato e frequentato, appare dunque dotato di qualità e dignità. Assai viva è l’impressione di trovarsi di fronte a un caso nel quale la responsabilità appare pienamente sorretta da un ampio bagaglio di conoscenze storiche e scientifiche, con un imprescindibile riscontro nell’articolazione di uffici e nell’ordinamento di archivi che dispongono di un raro e consultabile patrimonio documentario. I responsabili dei Giardini del Castello di Praga costituiscono dunque, per tutti, un caso positivamente esemplare della volontà, chiara e pubblica, di salvaguardare, valorizzare e trasmettere queste cruciali testimonianze alle generazioni future.

 

cerimonia di premiazione

sabato 11 maggio 2002
Treviso


Nel corso della cerimonia Zdenek Synácek e Zdenek Lukes hanno ritirato, per l’Amministrazione del Castello, Sezione giardini, il sigillo di Carlo Scarpa e l’assegno di sedicimila euro, portando una loro testimonianza. 
Domenico Luciani ha illustrato con diapositive il luogo premiato e la sua vicenda. 
Sven-Ingvar Andersson, Carmen Añón, Domenico Luciani, Monique Mosser, Ippolito Pizzetti, Lionello Puppi, componenti la giuria, erano presenti per dar conto dell’unanime motivazione.

pubblicazione

I Giardini del Castello di Praga,

dossier 2002

Fondazione Benetton Studi Ricerche
/ en.fbsr.it stampa del 22 novembre 2024