categoria della pagina
la categoria alla quale è associata questa pagina
:
è pagina principale per il paesaggio
Per il buon governo del paesaggio e del giardino di Domenico Luciani
L’indirizzo scientifico, formativo e sperimentale al quale è orientato il nostro lavoro nel campo del paesaggio e del giardino è riassunto nella parola chiave “governo”. Non si tratta di occupare spazi professionali o statuti universitari largamente praticati, come ad esempio quelli delle arti (architettura/disegno), delle scienze (idrogeologia, botanica), delle tecniche (opere e impianti). Si tratta di ripensare all’idea stessa di paesaggio e di giardino per trarne conseguenze immediate e operanti. Si tratta di prendere atto della inarrestabilità delle modificazioni della forma e della vita dei luoghi, e accettare il compito di indirizzarle verso nuove forme e nuove vite future, così da conservarne i caratteri fondativi, i tratti fisiognomici connotanti. Governare le modificazioni permanenti e inarrestabili è necessario in ogni luogo. Diventa indispensabile nei luoghi nei quali la natura abbia presenza pregnante. Questa necessità di governo appare ancora come l’araba fenice. Che questa necessità vi sia, nessuno lo mette più in causa. In che cosa consista, chi se ne debba occupare, come possa essere formata questa specifica capacità, nell’anno 2001, nelle nostre università, resta questione ancora affidata a esperimenti post lauream. La discussione è aperta. Eppure è difficile negare che esista un dominio di saperi (dalla geografia alla storia, dalle scienze naturali all’economia), di tecniche e di peculiari attitudini che delineano, con crescente chiarezza, l’indispensabilità di un esercizio autorevole di coordinamento di specialismi per programmare e guidare, nella lunga durata, i processi di trasformazione.
A metà degli anni ottanta, con Rosario Assunto, Eugenio Battisti e Lionello Puppi, avevamo ragionato sopra concrete proposte di costruzione di una scuola di paesaggismo. Pensavamo a un indirizzo, a un vero e proprio corso di laurea che configurasse un dominio oltre gli specialismi coinvolti nella conoscenza dei paesaggi e dei giardini, e nella guida attiva delle loro modificazioni. Cominciò a circolare la parola “governo”. Volevamo delineare così una nuova figura in grado di assumere responsabilità (auctoritas necessaria) delle trasformazioni dei luoghi, in particolare di quelli (tantissimi) nei quali gli strati della memoria, le dinamiche inarrestabili della natura, le pressioni dei comportamenti umani, si presentano con particolare densità.
La scuola avrebbe avuto un luogo (pubblico) e un mecenate (privato). E poiché il luogo stava ai piedi dei colli asolani, Assunto aveva proposto di intitolarla a Pietro Bembo. Nonostante avesse un luogo, un mecenate, un indirizzo scientifico e formativo peculiare e un nome, la scuola non si è fatta (non è qui la sede per raccontarne i motivi), ma resta un tema all’attenzione. Abbiamo intanto messo in moto iniziative pertinenti alla “questione del governo”, dalla costruzione di una biblioteca specializzata all’elaborazione di pubblicazioni, dall’organizzazione di seminari alla sperimentazione di laboratori. Dal 1990 è stato possibile tentare annualmente qualcosa di più impegnativo: un corso e un premio. Il corso si è configurato come faticoso ma fertile seminario itinerante, in aree geografiche delimitate, destinato a studiosi, operatori, figure professionali provenienti da esperienze e specialismi diversi.
I corsi, i seminari, le conferenze pubbliche, i laboratori, le pubblicazioni, il Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino, intendono contribuire a elevare e diffondere la cultura di “governo del paesaggio”, come fissato dallo stesso regolamento del premio, «che si propone come occasione e strumento per far conoscere, al di là dei confini delle ristrette comunità di specialisti, il lavoro intellettuale e manuale necessario per governare le modificazioni dei luoghi, per salvaguardare e valorizzare i patrimoni autentici di natura e di memoria; lavoro ancora privo di statuto scientifico e di curriculum formativo, nel quale confluiscono le scienze, le tecniche, le arti e i mestieri più diversi; lavoro che si svolge attraverso l’identificazione dei segni e dei caratteri costitutivi dei siti e la conterminazione dei loro ambiti; lavoro che prevede atti creativi, programmi lungimiranti di rinnovo, pratiche quotidiane di cura e manutenzione, norme che regolano la convivenza, nello stesso luogo, di patrimoni naturali, sedimenti culturali e presenze umane; lavoro che rifugge da ogni fenomeno effimero o ricerca d’effetto che trova il suo difficile parametro nella lunga durata; lavoro che ricerca l’equilibrio tra conservazione e innovazione, in condizioni di continua mobilità del gusto e di permanente trasformazione del ruolo che la natura e la memoria esercitano nelle diverse civilizzazioni e fasi storiche».