Cave di CusaPremio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino |
Motivazione della giuria
La giuria del Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino ha deciso di dedicare la decima edizione (1999) alle Cave di Cusa, il luogo che da oltre ventiquattro secoli, sospeso nel tempo, custodisce le materie e gli artifici dai quali traeva origine la costruzione dei Templi di Selinunte.
È un luogo nel quale natura e memoria recitano un dialogo di altissima densità. È un segno, un taglio che corre tortuoso per 2 chilometri nella campagna siciliana, a sud-ovest di Campobello di Mazara. Qui i rocchi di calcarenite venivano tagliati. Qui venivano legati a ruote con tecniche sulle quali ancora si indaga; e di qui, semilavorati, venivano avviati verso i templi, lungo un percorso di 13 chilometri solo in parte noto.
Questo segno, questo dislivello di qualche metro, spezza il profilo della campagna. Dalla parte più elevata i campi degradano a mezzogiorno verso il mare; dalla parte più bassa, a nord, gli uliveti riprendono a salire verso Castelvetrano e la valle del Modione. Lungo le cave sono fissate e documentate le diverse fasi di estrazione e di lavorazione della pietra. Sul terreno, intorno, in apparente casualità, stanno blocchi cilindrici di dimensioni stupefacenti. Altri blocchi sono abbandonati poco lontano, tra gli ulivi, e lungo il percorso verso Selinunte.
Tutto è qui disposto affinché il luogo possa raccontare il lavoro del cantiere, la schiavitù degli uomini, la bellezza delle pietre, l’improvvisa drammatica interruzione avvenuta in una giornata dell’anno 409 a.C., all’arrivo dell’esercito cartaginese, in uno dei momenti cruciali per l’equilibrio geopolitico mediterraneo.
Nelle Cave di Cusa è fissata la forma di un evento, la testimonianza di un fatto. Troviamo qui, visibile e parlante, la dimensione terrifica delle vicende storiche; la testimonianza archeologica, il luogo stesso, perdono così ogni carattere oleografico o ruinistico.
Si tratta dunque di un patrimonio di forme della natura e della memoria storica, la cui identità è sostanzialmente continua (non intatta) da oltre due millenni. Cave, ulivi, bagli, grandi rocchi cilindrici dispersi, tratturi, muretti, tutto l’insieme mostra la rara condizione di leggibilità di una storia di lunga durata. È una condizione peculiare, confrontabile soltanto con le cave di Mileto.
Così l’ha trovato e descritto nel suo De rebus siculis fra Domenico Fazello, nel 1558: così ci appare illustrato da Jean Hoüel nel suo Voyage pittoresque a fine Settecento. Così lo troviamo oggi, accompagnati dalla Guida pubblicata nel 1933 da Giovan Battista Ferrigno e aiutati da indagini recenti.
C’è qui uno “spirito del luogo”, un incrocio plurimillenario tra le cose e le persone, con riconoscibili figure e concrete attenzioni. Senza questa presenza non sarebbe immaginabile la forza delle suggestioni e la tensione delle emozioni che chiunque avverte quando vi si addentra.
La giuria non può non sottolineare come questo sito di archeologia del lavoro, della tecnica e dell’arte, sia sfuggito agli attentati che di solito si accaniscono contro i luoghi che non hanno il presidio di monumenti riconosciuti e amati. Come gli sia stata evitata l’aggressione già progettata di una nuova strada. Come recenti ipotesi progettuali sui percorsi di visita alle cave abbiano saputo evitare manufatti aggiuntivi, immaginando un’architettura che per una volta trova il coraggio di “omettersi”. Come, infine, la Soprintendenza pertinente, con lungimiranza non usuale, stia lavorando per un importante tentativo di unificazione del territorio da Cusa a Selinunte in un’unica grande area archeologica. Questo luogo è, insomma, nel panorama paesaggistico italiano, un caso.
La vicenda della “scoperta” e dell’attuale battaglia di idee per la salvaguardia e la messa in valore delle Cave di Cusa si riassume nella figura di Vincenzo Tusa, soprintendente dal 1963 al 1985, esempio insigne di acutezza filologica e di passione civile, al quale la giuria decide di consegnare il sigillo di Carlo Scarpa per il 1999 e di mettere a disposizione venticinque milioni di lire italiane per una ricerca che, con la sua supervisione, possa portare più avanti l’indagine sull’area e sui percorsi dalle Cave di Cusa ai templi di Selinunte.
È una vicenda che apre pertugi importanti di fiducia nella forza della memoria e della cultura, per chiunque operi nell’amministrazione pubblica e nella tutela, nelle professioni, nelle arti e nei mestieri del paesaggio. La giuria auspica che la sua decisione contribuisca a una nuova mobilitazione di energie per far conoscere al mondo il valore universale del paesaggio italiano, e per avviare l'indilazionabile trasformazione degli strumenti e delle norme adeguate alla sua tutela e al suo governo.
8 maggio 1999 Teatro Accademico
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Fondazione Benetton Studi Ricerche
/ en.fbsr.it stampa del 22 novembre 2024
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